(28 settembre 1871, Nuoro - 15 agosto 1936, Roma)
Premio Nobel per la Letteratura nel 1926
Grazia Deledda nasce a Nuoro nel 1871 in una famiglia benestante. Dopo la scuola elementare riceve un'istruzione informale impartitale da un istruttore privato che stimola in lei l'amore per la letteratura, campo in cui si esprime già in età estremamente precoce.
Rimane a Nuoro fino al 1895, quando incontra a Cagliari Palmiro Madesani, che sposa l'anno successivo. Trasferitasi al seguito del marito a Roma nel 1900, vi trascorre il resto della vita (morirà nel '36), dedicandosi a un'intensa produzione nella quale il ricordo appassionato dell'isola natia rimane un tratto costante. Il successo crescente della sua produzione è suggellato nel 1926 dal conferimento del Nobel per la Letteratura.
Fu lettrice accanita di romanzi stranieri (francesi e russi).
Scrisse una cinquantina di romanzi, i più significativi dei quali sono: Elias Portolu (1903); Cenere (1904); L'edera (1906); Canne al vento (1913); La madre (1920). Quasi tutta la sua produzione ruota attorno alla sua terra, la Sardegna, di cui recuperò le antiche tradizioni pastorali e rurali, con un intento che richiamava più il tardo romanticismo che il contemporaneo verismo.
Narrò patetiche vicende d'amore e di morte, ambientate perlopiù nella famiglia arcaica , con i suoi valori e i suoi tabù, dove la trasgressione precipita verso la colpa e la conseguente, necessaria, punizione.
"Anche quella notte, dunque, Paulo si disponeva ad uscire. La madre, nella sua camera attigua a quella di lui, lo sentiva muoversi furtivo, aspettando forse, per uscire, ch'ella spegnesse il lume e si coricasse. Ella spense il lume ma non si coricò. Seduta presso l'uscio si stringeva una con l'altra le sue dure mani da serva, ancora umide della risciacquatura delle stoviglie, calcando i pollici uno sull'altro per farsi forza; ma di momento in momento la sua inquietudine cresceva, vinceva la sua ostinazione a sperare che il figlio s'acquetasse, che, come un tempo, si mettesse a leggere o andasse a dormire. Per qualche minuto, infatti, i passi furtivi del giovane prete cessarono: si sentiva solo, di fuori, il rumore del vento accompagnato dal mormorio degli alberi del ciglione dietro la piccola parrocchia: un vento non troppo forte ma incessante e monotono che pareva fasciasse la casa con un grande nastro stridente, sempre più stretto, e tentasse sradicarla dalle sue fondamenta e tirarla giù."
Tratto dal romanzo "La madre" del 1920 di Grazia Deledda
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