Economia

L'antica civiltà pastorale sarda attribuì il nome di lunádigas a quelle pecore che, senza una ragione apparente, rifiutavano l'accoppiamento. Era allora compito della moglie del pastore farsi carico di risolvere un problema che non rappresentava soltanto un inconveniente momentaneo ma, intuibilmente, rischiava di compromettere la produttività del gregge e scardinare l'equilibrio economico familiare.

 

Il cattivo andamento della piccola azienda familiare era l'ombra più grande sulla dinastia, assieme alla disgrazia della salute perduta. Malattia e cattivo rendimento dell'economia pastorale erano ritenuti segno certo della mancata benedizione divina sulla casa e occorreva trovare soluzione alla vergogna della malasorte, nell'uso e nell'altro caso.

Il rimedio in entrambi i casi era di carattere soprannaturale. Quando le pecore lunadigas esercitavano il rifiuto del maschio, la moglie del pastore, spesso non di buon grado, si recava presso una giovane prostituta per chiederle su deventali, il grembiule. Perché proprio quest'indumento? La ragione è da rinvenire nella convinzione che il contatto con il manufatto posato sul ventre di una donna che faceva dell'accoppiamento l'attività fondamentale di sussistenza avrebbe influito sulla natura dell'animale ritroso. Su deventali veniva disteso sul pavimento dell'ovile, le pecore mi si sarebbero accovacciate al di sopra adagiando dunque il loro ventre a contatto con l'indumento della donna dedita al meretricio.

Non sempre era ritenuto praticabile, certamente non piacevole, recarsi a casa di una donna di dubbia moralità e reietta dalla società, per chiederle addirittura un aiuto. Così, presso alcune comunità si ovviò all'usanza, ritenuta disdicevole, procurando gli abiti di una vedova che non aveva osservato su dolu in seguito alla morte del marito. Lo stigma del paese verso la vedova era incontrovertibile, il fatto della mancata contrizione attribuiva alla donna le stesse caratteristiche di amoralità riconosciute alle prostitute.

 

Con buona certezza possiamo ritenere che la moglie del pastore al principio del secolo scorso fosse inconsapevole che attraverso il ricorso alla magia simpatica non stesse esercitando banalmente una pratica superstiziosa ma perpetrava le vestigia degli antichi riti della fertilità e i suoi tributi alla dea Astarte, divinità nutrice, sentore del sicuro passaggio dei Fenici sull'isola.