Femminismo e filosofia

Storia e teoria del pensiero femminista

1. Dalla differenza all'uguaglianza (1790 - 1920)

Il pensiero femminista nasce durante il periodo della Rivoluzione francese, rivendicando parità di condizioni tra uomini e donne, soprattutto sul piano dell'educazione e dei diritti civili. La premessa a tali rivendicazioni è la constatazione delle intollerabili e ingiustificate condizioni di diseguaglianza tra maschi e femmine.

L'opera che con maggiore consapevolezza formula le tesi è A Vindication of the Rights of Woman di Mary Wollstonecraft (1792).

Il libro è rivolto alle donne colte di classe media, che per l'autrice sono più vicine allo "stato naturale". Più lontane da questo stato sono le donne delle classi aristocratiche, impegnate nel perpetuare l'immagine della donna che pensa solo a piacere all'uomo, e quelle delle classi lavoratrici, la cui oppressione impedisce di elevarsi a una condizione che permetta l'acquisizione di diritti. 

L'autrice critica a fondo gli altri filosofi per le loro idee sull'educazione della donna, considerata inferiore all'uomo, e difende la parità di condizioni fra i sessi per quel che concerne le capacità razionali, morali e conoscitive, convinta che la donna possa contribuire, in maniera pari all'uomo, al progresso della storia e, in maniera superiore all'uomo, alla moralizzazione della società.

Questa costellazione di idee viene continuata e approfondita nel corso dell'Ottocento soprattutto per opera di Harriet Taylor (la cui figlia Helen sarà fra le iniziatrici del movimento per la conquista del voto alle donne in Inghilterra) che allarga il discorso anche ai diritti relativi al lavoro, in quanto ritiene che l'indipendenza politica (diritto al voto) della donna non debba essere separata dalla sua indipendenza economica (diritto al lavoro). La sua opera La soggezione delle donne contribuirà in misura notevole a demolire le tesi correnti sull'inferiorità naturale della donna rispetto all'uomo.

Questo filone di pensiero che prende anche il nome di "prima ondata" femminista, porterà dopo dure battaglie (come quelle delle suffragette per il diritto di voto) alle prime grandi conquiste intorno al 1920 (voto alle donne, accesso alle libere professioni).

2. Uguaglianza o differenza? Virginia Woolf

Il quarantennio successivo alle prime grandi conquiste del movimento delle donne è caratterizzato dalla crisi di questo movimento in quanto organizzazione di proposta e di lotta. La crisi riguarda non solo i paesi in cui maggiormente si era affermato, ma anche, e ancora di più, i paesi che instaurano regimi totalitari. Nell'assenza di un movimento organizzato si assiste tuttavia, in area inglese e poi francese, ad una ripresa originale, e in parte critica, rispetto ai filoni di pensiero affermatisi nei decenni precedenti. 

Virginia Woolf, la grande romanziera, è autrice anche di due scritti che affrontano direttamente la tematica della condizione femminile nel passato e nel presente: Una stanza tutta per sé del 1929 e Le tre ghinee del 1938. Sono saggi che riflettono sulle conquiste effettuate dal movimento delle donne e pongono interrogativi sui limiti di esse, formulando idee e spunti teorici di grande importanza per il successivo sviluppo del pensiero femminista. L'autrice fa riferimento alle "figlie degli uomini colti" per indicare i limiti sociali delle conquiste del movimento liberal-femminista, e sopratutto introduce, al di là della tematica della parità dei diritti, quella della "differenza". Il rischio e il pericolo del pensiero e del movimento femministi fino ad allora affermatisi vengono individuati nell'appiattimento delle rivendicazioni delle donne sul sistema di valori praticato dagli uomini: un sistema di valori che produce gerarchie sociali, ingiustizia, guerra. Dalla parità alla differenza: questo è il nuovo messaggio implicito negli scritti di Virginia Woolf.

Le donne, che hanno realizzato - ancora con molti limiti - la parità di diritti nell'istruzione, nel voto, nelle libere professioni, devono ora affermare e rivendicare la differenza (e la superiorità?) del loro sistema di valori, etici, culturali, rispetto a quelli storicamente rivelatisi fallimentari degli uomini (Woolf vive nel periodo dei totalitarismi e delle guerre, e si suiciderà nel 1941).

3. Dall'uguaglianza alla differenza (1960-1980) Il femminismo radicale

 Nei primi anni Sessanta, in pieno sviluppo economico e demografico accompagnato da un miglioramento delle condizioni materiali di vita di strati consistenti di donne nei paesi occidentali più avanzati (Stati Uniti), appaiono i primi libri o saggi che documentano il crescente disagio delle donne. Questo disagio dovuto a molte ragioni costituisce "il problema che non ha nome" di cui parla la statunitense Betty Friedan nel libro del 1963 La mistica della femminilità, che avrà una diffusione e una influenza enormi nel mondo delle donne bianche alfabetizzate e relativamente benestanti. A lei e ad altre si deve la nascita della National Organization of Woman (NOW) negli Stati Uniti. Nel suo libro, Friedan denuncia quella visione idealizzata della donna che la vede prigioniera di una alienante "mistica della femminilità" fondata su casa, figli e marito.

La "seconda ondata" del femminismo esplode quasi contemporaneamente negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, in Francia, in Italia, in Germania e in altre aree, dove gruppi inizialmente molto piccoli di donne, in prevalenza studentesse universitarie e donne colte, si distaccano dai movimenti nuovi creando forme nuove di organizzazione senza leader o autorità centrali, che si riconoscono in una comunanza di problemi che nascono dalla condizione delle donne (bianche, colte, prevalentemente eterosessuali) nei paesi avanzati. Queste donne rivendicano obiettivi precisi: la contraccezione, l'aborto assistito, le paghe uguali per lavori uguali, pari opportunità nelle offerte di lavoro, gli asili nido e il divorzio nei paesi in cui non c'è ancora.

Esse praticano un lavoro di riflessione di gruppo (gruppi di autocoscienza in Italia) che porta a maturazione la presa di coscienza della propria oppressione in quanto donne in tutti i campi della vita, da quelli pubblici a quelli privati, familiari, coniugali e sessuali.

Il femminismo radicale, si distingue subito da quello liberale, perché cerca nuove strade e soluzioni teoriche fondate su un fortissimo senso e bisogno di totale autonomia rispetto alle tradizioni teoriche elaborate e tramandate da pensatori maschi, e "imposte" alle donne. Questo filone del femminismo, quindi, non soltanto inaugura una nuova e appassionata stagione di lotte, di organizzazione, di "movimento" delle donne completamente slegato dalle pratiche di altre esperienze politiche organizzate, ma per la prima volta nella storia inaugura una grande stagione  di pensiero teorico originale delle donne, elaborato dalle donne e destinato alle donne. Ruolo e scopo del pensiero femminista: da una parte, individuare la causa o le cause di tale oppressione; dall'altra, indicare i mezzi per la liberazione. Il pensiero femminista si articola subito in diverse proposte, ma si muove con uno spirito unitario di fondo negli scopi comuni condivisi da tutte le donne impegnate nella teoria.  

"Sesso" (derivante della "natura", cioè dell'anatomia e fisiologia, nel senso che si nasce con organi genitali differenti) viene contrapposto, nella quasi totalità della letteratura femminista angloamericana, a "genere", prodotto invece dalla società, dai costumi e dalla cultura dominati dai maschi, che impongono "ruoli" differenti a cominciare dalla prima infanzia (il colore e la foggia dei vestiti per il maschio e la femmina, i tipi di giocattoli e così via fino all'adolescenza e alla piena maturità). La differenza sessuale, di per sé, non produce nessuna differenza di ruoli sociali dovuti appunto al "genere" e non al "sesso", alla "cultura" e non alla "natura".

Durante gli anni Settanta, soprattutto negli Stati Uniti, nell'ambito del femminismo radicale si affacciano  due posizioni che diventano ben presto due "correnti": quella che fa capo alle donne lesbiche e quella che fa capo alle donne nere.

4. Luce Irigaray: il "fallocentrismo" e l'"altra donna"

 Alla metà degli anni Settanta, nel variegato e anche lacerato e litigioso femminismo francese, emerge la figura di Luce Irigaray, con un libro del 1974 che nel decennio successivo costituirà un punto di riferimento essenziale sia per la parte più avanzata teoricamente del femminismo italiano, sia per un settore molto qualificato del femminismo radicale di lingua inglese.

Il libro è Speculum. L'altra donna. In esso Irigaray propone una "fondazione" della teoria della differenza sessuale attraverso un'analisi critica sia delle tesi di Freud sia dell'intera tradizione filosofia occidentale. La prima parte è dedicata alla psicanalisi, la seconda alla filosofia. Entrambe le parti, comunque, convergono nella tesi del "essenzialità" della differenza sessuale, spiegata però in maniera che esalta e non deprime la sessualità femminile, di fronte alla quale sia la psicanalisi sia la filosofia sono rimaste cieche.

Lo speculum è lo strumento ottico concavo usato dai medici per "guardare" dentro le cavità del corpo umano, in particolare dentro l'organo genitale femminile. Lo specchio è la superficie piatta che sta all'aperto, in pubblico, e che tutti conosciamo in quanto ci restituisce la nostra immagine. La donna "funziona", nell'ideologia e nell'immaginario dell'ordine simbolico, cioè del linguaggio della Legge del Padre, come "specchio" per l'uomo, nel senso che sta guardando la donna nella sua condizione di inferiorità irrimediabile l'uomo vede sé stesso nella sua condizione di superiorità incrollabile.

L'uomo non vede la donna così com'è, ma come un buco, una mancanza, un'assenza: come il contrario dell'uomo, così come l'organo genitale dell'uomo, il fallo, è visto e vissuto dall'uomo come il contrario di quello della donna, la vagina. Il fallo è il pieno, è l'attività, è il tutto; la vagina è il vuoto, è la passività, è il niente. Il discorso dell'uomo, di conseguenza, è un discorso fallocentrico: il fall-logo-centrismo è l'atteggiamento dell'uomo in quanto pone, al centro di tutto se stesso, il proprio fallo, il proprio discorso.

Le cose reali, naturalmente, non stanno proprio così, per Irigaray. Se invece dello specchio si usa lo speculum si vedrà che anche il voto o nulla (per l'uomo) è invece un luogo con una sua realtà e sessualità ricca e molteplice. Ma Freud e il pensiero maschile vedono nella donna e nel suo organo genitale soltanto la negazione che l'uomo possiede, vedono soltanto un  vuoto, una mancanza, un'assenza (di qui la famosa "invidia del pene" attribuita da Freud alla bambina ).

L'uomo secondo Irigaray, vede come un "pericolo" la diversità "positiva" della donna. 

"L'altra donna", quella dello speculum e non quella dello specchio, è "invisibile" per l'uomo, non esiste; esiste invece, per lui, la sola donna dello specchio che gli da la rassicurante immagine invertita da lui desiderata. 

L'analisi più lunga e suggestiva, quasi un saggio autonomo, è dedicata al notissimo mito della caverna proposto da Platone.

La caverna è l'equivalente, per Irigaray, dell'utero materno da cui nasce l'essere umano; la caverna è lo "speculum" che si contrappone allo "specchio" esterno (il sole, il bene); la caverna è il luogo dell'assenza (di luce vera, di vero sapere), del vuoto, è la sede dell'ignoranza e della passività. La caverna è il simbolo della donna, la "paura" dell'uomo per la donna (Freud userà l'espressione "continente nero" per indicare l'impossibilità di una piena comprensione da parte dell'uomo, della donna e della sua complessa sessualita). 

5. Dalla differenza alle differenze (1980-200)

Gli ultimi vent'anni non sono stati entusiasmanti per il movimento delle donne. C'è stato dappertutto un forte arretramento del movimento delle donne, o addirittura una crisi di portata storica. La crisi del movimento organizzato non ha però fermato la crescita della produttività teorica delle donne nell'ultimo ventennio. 

Un tema di grande discussione, per opera di femministe nere quali Barbara Smith, Angela Davis (del 1981 è il suo libro Donne, razza e classe ) e altre, unito al tema della presenza lesbica anche fra le donne nere, è quello dei limiti del femminismo radicale bianco, borghese e non molto sensibile ai problemi della etnicità dello sfruttamento economico. 

 

6. Il femminismo teorico in Italia

Nel nostro Paese il movimento organizzato delle donne legato alla "seconda ondata" è stato abbastanza simile a quello degli altri paesi occidentali. Le lotte degli anni Settanta hanno portato a conquiste molto importanti su obiettivi femministi (dal divorzio all'aborto assistito e ad altri riguardanti la legislazione sul lavoro).

Sul piano della elaborazione teorica alcune posizioni iniziali dirette a sollecitare un autonomo pensiero delle donne (in particolare Carla Lonzi con Sputiamo su Hegel del 1970 e La donna clitoridea e la donna vaginale del 1971) hanno dato luogo a numerose prese di posizione. Soltanto tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta il femminismo italiano è stato sollecitato ad approfondire in maniera più organica le sue riflessioni teoriche soprattutto dal sopraggiungere dei testi e della persona di Luce Irigaray, frequentemente presente nelle sedi femministe del nostro Paese.